“la frammentazione dell’Aquila rispecchia un’Italia sempre più divisa in piccoli feudi,governati da un imperatore che pensa per tutti”
Giovedì 20 maggio 2010, si è tenuto presso l’auditorium Carispaq di via Pescara a l’Aquila, il primo dei tre seminari istituiti nell’ ambito degli investigation days, intitolati “INVESTIGAZIONE,INFORMAZIONE,TERREMOTO”; è stato presente anche Gabriele Polo (il Manifesto). Il Manifesto, è stato il giornale che, più e meglio di tutti, si è occupato delle vicende pre e post sisma all’Aquila. Polo, descrive come “il Manifesto, abbia costruito un racconto; che si distingue dall’insieme dei fatti, perché comprensibile e permette ai protagonisti, attivi e passivi, “di comprendere i fenomeni in corso”.
Pone attenzione sulla sicurezza; troppe volte descritta in termini paurosi, attribuiti alla paura del diverso, di perdere il lavoro, di essere aggrediti per strada; in questo, molto gioca il campo mediatico. Distingue due sicurezze: quella del dopo, ovvero quella dell’intervento, ad esempio dopo un sisma, in cui, si da poca possibilità ai cittadini di partecipare; poi c’è la sicurezza della prevenzione, qui si dovrebbero andare a cercare le cause dei fenomeni; dice, “la sicurezza è un tema centrale”, “all’Aquila non c’è stato alcun discorso preventivo”.
Il giornalista, impone la sua visione di una città che, “deve ricostruire una comunità”; parla del terremoto in Friuli, in cui, “si facevano tranquillamente assemblee nelle tendopoli”; descrive le discussioni come possibili e, una democrazia, dove “opinioni diverse si parlavano”; non ci fu separazione tra elemento locale e centrale. Agli eventi dell’Aquila dice, “si è arrivati sfibrati nel tessuto democratico di attenzione ai fatti”; “la delega eccessiva”, ha portato la protezione civile ad assumere un ruolo di governo totale, che considera la popolazione degli oggetti da mettere nelle case.
La divisione urbana , avvenuta all’Aquila, “è lo specchio di un’Italia divisa in feudi”, che ha un imperatore che pensa per tutti, con piccoli feudatari che fanno la sua vece ed hanno poteri enormi e cittadini, ridotti a sudditi. Questo ritorno a piccoli feudi dell’Aquila (che come elemento fondamentale per la sua costruzione, ebbe la concessione da parte di un editto impariale verso i coltivatori, di uscire dai feudi),dice, “mi ha colpito molto”.
Parla di una comunicazione mediatica ,che ha portato ad una “ubriacatura mediatica mostruosa”, la quale, ha lasciato passare il messaggio (prima della nascita di molti comitati cittadini, tra i quali ‘il popolo delle carriole’) del, sta andando tutto bene.
Infine, il modello welfare, sostituito da un modello caritatevole di raccolta fondi ( ad una tassa di scopo, si sono preferite le lotterie); scorge in questo passaggio, la differenza tra cittadinanza e sudditanza. Tutte queste caratteristiche dice, “fanno dell’ Aquila un paradigma importante”, che deve essere ancora seguito e raccontato; i giornalisti, hanno un ruolo fondamentale, continua Polo, nella ricostruzione di un diritto di cittadinanza di persone, che siano cittadini e non sudditi.
lorenzo p.
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